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Cittadinananza e globalizzazione (Riccardo Petrella, Walter Veltroni, Michele Salvati - 20.12.2000)

Economia

Raffaele Porfidia




Discorso di apertura

Domande agli interlocutori

Sintesi dell'incontro





Discorso di apertura

Per affrontare la globalizzazione senza regole, dominata da poteri forti, e ricondurre i comportamenti economico-sociali entro linee orientate al Bene Comune, si è venuta negli anni sviluppando ed affermando una nuova analisi dei fenomeni da parte di studiosi, di economisti, di sociologi di tutti i Paesi, supportati da fasce politicamente orientate ed eticamente motivate dagli aspetti più drammatici della globalizzazione. Tale analisi ha ormai individuato alcuni obiettivi ben definiti, senza il rigoroso raggiungimento dei quali ogni raccomandazione dall'alto di governance della globalizzazione è destinata, come già accaduto, a cadere nel vuoto, quando non sia addirittura negativa o controproducente.

Vogliamo qui ricordare alcuni di questi obiettivi:
- ridurre lo squilibrio degli attuali rapporti fra l'economia finanziaria e l'economia reale, ridando prestigio alla produzione e al lavoro
- ridurre le crescenti disuguaglianze internazionali e nazionali
- assicurare una reale concorrenza tra le imprese, contro la tendenza alla formazione, in un numero crescente di settori-chiave dell'economia, di oligopoli capaci di controllare qualità, tecnologia e prezzo di prodotti o servizi per centinaia di milioni o miliardi di consumatori
- salvaguardare quei beni comuni e quelle risorse ambientali che sono patrimonio della specie umana e non possono pertanto essere attribuiti a singoli soggetti economici, escludendo anche la brevettabilità del vivente
- migliorare i contenuti qualitativi dello sviluppo economico che sfuggono ad un parametro quantitativo qual'è il PIL attuale, fra l'altro non in grado di rappresentare le differenze economiche interne al sistema
- promuovere lo sviluppo locale nel rispetto e nella valorizzazione del territorio, della sua cultura, dei reali bisogni che esso esprime, ben al di là dei bisogni e dei consumi indotti dall'alto.

Ora, perché questi obiettivi fondamentali - fra loro legati e compresenti - possano essere raggiunti non vi sono altri possibili soggetti ed attori primari che i Cittadini. Ma è qui che ci troviamo di fronte ad un reale paradosso, e cioè che proprio i Cittadini - dagli anni Ottanta - hanno visto progressivamente svuotarsi di contenuti le situazioni di cittadinanza e di partecipazione democratica, per cui oggi si parla giustamente di cittadinanza amputata.

Cittadinanza vuol dire esercizio di un contesto di diritto inteso nel doppio aspetto delle condizioni di vita e di partecipazione responsabile alla costruzione della propria esistenza. Ora le previsioni degli economisti dicono che si va verso una situazione nella quale solo il 25% della popolazione mondiale avrà accesso pieno a tutti i livelli di cittadinanza e di diritto, mentre il rimanente 75% sarà assoggettato a forme crescente e diffuse di espropriazione e di esclusione. Questa tendenza, che attualmente già si esplica pesantemente nei Paesi in via di sviluppo, minaccia gravemente tutti i Paesi del mondo. È per questo che oggi si parla di “un Sud anche nel Nord”. E quando si parla di espropriazione ed esclusione, si intende una espropriazione non soltanto economica ma anche sociale e culturale, in un quadro di drammatica rottura dei contesti umani.

Pertanto oggi il cittadino comune, dal Sud al Nord del mondo, non solo si trova a dover subire i suddetti processi di espropriazione ed esclusione, ma si trova anche in una situazione di grave disinformazione circa i nessi, complessi ma ben definiti, che collegano tra di loro i fenomeni più disparati che in questi decenni stanno profondamente modificando i contesti di vita. Nei Paesi che si dicono democratici questo deficit di informazione e di conoscenza è particolarmente grave.
Aprendo a questo proposito una parentesi, un esempio fra i tanti possibili è il tema scottante dell'immigrazione: nel dibattito politico pubblico, sui media e in particolare sui giornali, manca sempre il riferimento a quel nesso tra fenomeno locale e fenomeno globale che è l'indebitamento dei paesi poveri, le errate politiche di aggiustamento strutturale imposte dal Fondo Monetario Internazionale o dalla Banca Mondiale, il lavoro in condizioni di sfruttamento e - in taluni casi -- persino di schiavitù che schiaccia nell'assoluta povertà questi paesi insieme ad altre complesse cause determinando crescenti flussi umani verso il ricco Nord.
Il fenomeno della disinformazione del cittadino circa la concatenazione dei processi - che egli subisce senza neppure conoscerli e al tempo stesso se ne rende parte attiva - si iscrive a sua volta in un altro fenomeno di portata ormai planetaria, che è stato giustamente definito colonizzazione dell'immaginario collettivo ad opera del mercato, il quale - indirizzando bisogni e consumi distorce e coarta la percezione critica della realtà da parte del cittadino.

Esistono tuttavia significative fasce di cittadini che riescono a rendersi conto delle dinamiche e dei processi in corso, ma sono costretti a scoprire ogni giorno una condizione di impotenza, dal momento che le decisioni che attengono alle opzioni di fondo non sono affatto nelle mani dei cittadini, ma vengono portate avanti da Enti od Organizzazioni internazionali (tra cui l'OMC che ha rappresentato l'occasione per una protesta transnazionale ormai ben nota), da entità operanti nel contesto mondiale o continentale (incluse le cancellerie degli Stati), da potenti Gruppi economici o finanziari a vocazione multinazionale, sempre senza che i cittadini stessi abbiano la possibilità di esprimere un giudizio di massima o di proporre orientamenti generali od opzioni politiche in maniera democratica. Ciò è particolarmente avvertibile con urgenza nel contesto dell'Unione Europea.

Ci sembra evidente quindi la necessità di porre come obiettivo primario, nella lista che abbiamo ricordato, la reintegrazione e il rafforzamento dello
status di cittadino e dei diritti connessi, partendo dai cittadini stessi e dando così vita ad una rinnovata coscienza sociale e politica che possa legittimamente chiamarsi democratica.

Quando abbiamo iniziato a pensare a questo incontro, ci siamo chiesti infatti come creare una rinnovata coscienza sociale e una strumentazione politica e culturale circa l'articolazione che il principio di cittadinanza oggi viene ad assumere per tutti gli uomini:
- cittadino del mondo
- cittadino del proprio continente
- cittadino del proprio Paese
- cittadino del proprio territorio locale.

E ci siamo conseguentemente posti l'interrogativo di come imparare a muoversi concettualmente e politicamente in questi quattro livelli: interpretando la loro interdipendenza e quindi la loro interconnessione, dando risposte nuove (o, se si vuole, rielaborate su queste nuove situazioni a tutti i livelli) orientate verso la ricerca del Bene Comune nel campo del lavoro, del Welfare, delle Nuove Tecnologie, dell' Ambiente, degli Scambi Internazionali, dei rapporti fra Paesi Sviluppati e Paesi in Via di Sviluppo, convinti che si debbano riportare le funzioni di garanzia della vita sociale nel quadro di una politica sovraordinata alle asserite modalità di autoregolazione del mercato.

Ragionando su questo ci siamo anche detti che probabilmente sarà necessario ridefinire concetti e forme di rappresentanza del cittadino, per enfatizzare quei quattro livelli, o ambiti, di cittadinanza e uscire dalle cristallizzazioni formali della cittadinanza semplicemente legata al concetto di appartenenza nazionale per incominciare ad affrontare i problemi che il XX secolo, con l'enorme flusso della globalizzazione, ha messo di fronte al XXI secolo.

Possiamo dire che tutto ciò è una domanda politica, di cui stasera vorremmo che si iniziasse a parlare, in piena libertà. Ringraziamo anticipatamente coloro che hanno aderito al nostro invito e sono venuti qui per discutere.





Domande agli interlocuori

Dopo l'introduzione che abbiamo appena ascoltato, poniamo ai nostri interlocutori alcune domande intorno al tema Cittadinanza e Globalizzazione, un campo in cui avvertiamo evidenti ritardi nell'elaborazione culturale e politica.

Prima domanda

È giusto che i Cittadini continuino a doversi spostare a Seattle, a Davos, a Praga e così via per poter far sentire la loro voce, o non è piuttosto giunto il momento che i politici e i cittadini tornino a comunicare, a dibattere preventivamente e democraticamente i contenuti dei tavoli che si aprono a Seattle, Praga, ecc.?
Su questo quesito se ne innesta un secondo:
A quale visione complessiva la classe politica dovrebbe riferirsi per incidere sul fenomeno della globalizzazione e per individuare insieme ai cittadini degli strumenti di partecipazione democratica?
Come e con quali strumenti si può contrastare la colonizzazione culturale che la globalizzazione porta con sé?

Seconda domanda
Come adeguare gli strumenti di rappresentanza, di tutela e di controllo, la cui elaborazione giuridica rimane tardo-ottocentesca, alla realtà di oggi nella quale sono compresenti il fattore locale, quello nazionale, quello continentale (diremmo meglio, europeo), quello globale ?

Terza domanda
Quali iniziative sociali, economiche e politiche si possono avviare a livello locale per aiutare le comunità a negoziare un proprio ruolo nell'economia globale? A quale politica dello sviluppo e della formazione si pensa?

Quarta domanda

Il sistema globale destina la quasi totalità degli investimenti al consolidamento degli assetti acquisiti, escludendo i processi innovativi che non sono coerenti con le esigenze del sistema.
Quale futuro economico possono avere le proposte innovative che contengono prospettive di sviluppo senza traumi del sistema generale (farmaci per malattie povere, trasporti con energie alternative, sistemi di urbanistica basati su equilibri ambientali, ecc.)?





Sintesi dell'incontro

L'incontro si è svolto sulla base di domande rivolte dal moderatore ai tre intervenuti. L'incontro verteva sulla funzione del principio di cittadinanza in un mondo sempre più globalizzato; la prima domanda riguardava modi e significati di percezione della globalizzazione a livello nazionale e locale, le domande successive riguardavano il che fare sia da parte della classe di governo sia da parte dei cittadini.

Rispondendo alla prima domanda, Petrella esordisce affermando che il compito fondamentale nei confronti della globalizzazione è quello di togliere credibilità alle tesi dominanti. La globalizzazione può continuare indisturbata il suo cammino perché non c'è ancora un'alternativa credibile che le contrasti il passo. Costruire un'alternativa credibile è il vero compito politico.
In questa fase in cui il multilateralismo non funziona più perché gli Usa non ne hanno più bisogno, è indispensabile riorganizzare il politico a livello internazionale: il carattere intergovernativo è necessario, ma non è sufficiente. Stiamo anche assistendo ad una privatizzazione della politica con la conseguente perdita di potere da parte degli stati.
Sono dunque indispensabili nuove forme mondiali di democrazia e una ripresa forte della grande politica. Non ci si può limitare al lavoro sulla società civile, che può fornire solo lo stimolo morale, ma che non riesce a cambiare il quadro complessivo.
Ci serve un'altra narrazione, diversa da quella neoliberista, che ci metta in grado di fissare l'agenda della politica e non di esserne solo notai o esecutori.

Veltroni nota che la società si sta sempre più globalizzando, ma questo non è necessariamente un male e, citando Mandela, sostiene che la globalizzazione è inevitabile come il ciclo delle stagioni. Il problema vero è come governarla, anche perché, a fronte di un mondo globalizzato, abbiamo una politica solo locale.
A conforto della sua tesi fa notare come l'Onu sia disarmata di fronte alle crisi ricorrenti, si tratti dell'Iraq, del Ruanda o della Cecenia. C'è una crisi della capacità decisionale. Le grandi organizzazioni internazionali come il Wto condannano il lavoro minorile, ma devono tener conto delle condizione particolari dei paesi poveri, che perderebbero competitività se adottassero gli stessi criteri dei paesi ricchi. Tutti questi segnali, come pure il fallimento della convenzione dell'Aja, evidenziano la necessità di un governo mondiale. Già nel G8 sarebbe possibile inserire presenze significative dei paesi del terzo mondo: sarebbe una prima mossa in tale direzione.
Veltroni ci tiene a precisare che non si deve identificare la società civile con il popolo di Seattle. La società civile è composta da tante forze democratiche, comprese quelle produttive. Comunque, la spinta verso la politica deve essere recuperata. Purtroppo non si può fare politica seriamente se non si ha alle spalle una solida base culturale. Il successo del Grande Fratello, sotto questo profilo, è emblematico. Per potere reggere la concorrenza culturale americana ci vuole una forte base continentale.

Per Michele Salvati è bene che i cittadini si spostino a Seattle, a Praga, a Davos, se questo costituisce un evento politico, ma è importante soprattutto ricordare che il nucleo delle decisioni sulla globalizzazione è ancora saldamente in mano agli stati. Questo fatto spesso è ignorato dai critici della globalizzazione, i quali dimenticano che tale processo è stato innescato da Reagan e Volker e che le decisioni fondamentali in merito ad esso sono prese da persone rappresentative all'interno delle istituzioni democratiche e con un processo democratico.
Questo fatto impone un onere di controllo maggiore ai cittadini degli Stati Uniti, che sono responsabili della più grande democrazia mondiale, ma costituisce anche un'urgenza all'interno delle nostre società, dove i cittadini dovrebbero lottare per salvaguardare la democrazia, perché la sovranità è ancora saldamente in mano agli stati. I potentati economici esistono, ma sono iscritti all'interno di un processo democratico. Una delle priorità, per Salvati, è l'ampliamento in senso più rappresentativo possibile del G8. Insomma, la politica ha ancora un ruolo fondamentale, mentre sul piano strettamente economico la salvaguardia del mercato è il miglior antidoto allo strapotere del mercato.

Nello scambio che segue al primo round di domande Petrella sottolinea che non si deve accettare il principio della competitività per regolare i rapporti internazionali, mentre Veltroni e Salvati invocano regole radicalmente diverse nei rapporti con il terzo mondo. Alla domanda del moderatore se non stiamo assistendo ad una mercificazione universale di tutti gli aspetti della vita, Veltroni risponde di avvertire questo pericolo e lamenta una totale assenza di dibattito politico intorno a questi problemi persino nella sinistra. Senza un sistema di valori forti non si può realizzare una politica efficace.

Il dibattito che si è sviluppato dopo la partenza dei politici ha evidenziato la mancata analisi, specie nel discorso di Salvati, delle dinamiche di potere, come se le multinazionali, che realizzano il 33% del Pil mondiale, non condizionassero fortemente il potere politico. Sono stati evidenziati aspetti giuridici della globalizzazione e la necessità di specificare in cosa consista una narrazione alternativa in grado di contrapporsi a quella dominante.


Petrella ha cercato proprio di enucleare i capisaldi di una nuova narrazione e li ha sintetizzati in quattro punti fondamentali:

- Diritto alla vita di tutti gli abitanti del pianeta. La mondialità è un apetto della condizione umana contemporanea, ma la attuale globalizzazione finanziaria non rispetta il diritto alla vita di almeno 4 miliardi di persone. Non dà, per esempio, diritto all'acqua. Il concetto di cittadinanza non ammette sconti: dà diritto a una fondamentale uguaglianza, come già aveva intuito la Dichiarazione del 1789.

- Rispetto dei beni comuni dell'umanità. Non ci può essere società se non si condivide qualcosa insieme. L'acqua, l'aria, la terra sono beni comuni che non possono essere affidati alla regolazione del mercato. È scandaloso che un miliardo e mezzo di persone muoiano per mancanza d'acqua.

- Riconoscimento dell'umanità come soggetto politico. Le imprese sono state riconosciute come soggetti giuridici, tanto da poter portare in tribunale gli stati, l'umanità nel suo insieme ancora no. Forse il Tribunale penale internazionale è il primo abbozzo in tal senso. Abbiamo lasciato al capitale la possibilità di estendere il suo potere persino sull'immateriale e sul vivente. La legislazione attuale sul diritto di proprietà intellettuale ne è un esempio lampante. Il potere di decisione è stato privatizzato ed è estremamente urgente cambiare la legislazione.

- Dare spazio ai movimenti, che sono i luoghi dove si stanno elaborando i temi di una nuova rappresentazione politica. Tutti questi gruppi delineano i frammenti di un mosaico che costituisce la visione alternativa, che si oppone alla mercificazione universale della globalizzazione. La cultura dominante è una cultura di sopravvivenza e non di speranza. In fondo ne siamo un po' tutti responsabili, perché abbiamo accettato il principio che si può prendere di più pagando di meno. Bisogna comunque reinventare la politica e riaffermarne la legittimità.

Nelle successive puntualizzazioni Petrella ha fatto notare l'urgenza di superare la retorica dei vincenti, caratteristica della cultura dominante, di recuperare le forme di democrazia a tutti i livelli e di inventarne di nuove sul piano di un economia sociale e solidale.
A un altro livello ha osservato che un potere politico mondiale già esiste ((il Wto, ad esempio), ma è completamente privatizzato.
L'ultima osservazione l'ha riservata alla scuola, che adottando il concetto di "risorsa umana" è stata intrappolata dal mercato e può essere completamente mercificata. A Vancouver si è tenuto qualche tempo fa il primo mercato internazionale dell'educazione: se l'educazione è mercificata la democrazia è svuotata di contenuto.


Le conclusioni del dibattito hanno evidenziato il significato e l'importanza di una iniziativa che riunisce attorno allo stesso tavolo politici e rappresentanti della società civile per parlare di come si può difendere la cittadinanza in tempi di globalizzazione e hanno invocato la necessità di una più articolata riflessione antropologica.





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